GROUND FLOOR CRISIS
MONDITALIA - XIV BIENNALE DI ARCHITETTURA VENEZIA
PROGETTO DI: Matteo Ghidoni
TEAM: Campomarzio, Pool, Salottobuono, The Ship Pietro V. Ambrosini • Michele Andreatta • Alessandro Busana, Daniele Cappelletti • Karol Czarzasty • Enrico Lunelli • Enrico Varagnolo • Annapaola Busnardo • Caterina Gerolimetto • Paolo Migliori • Francesco Zorzi • Francesca Romana Dell’Aglio• Giorgio De Vecchi • Anna Livia Friel • Benjamin Gallegos Gabilondo • Marco Provinciali
FOTO: Giorgio de Vecchi
L’alluvione che ha colpito Firenze e Venezia il
4 Novembre 1966, ha generato una tabula rasa
sia in termini spaziali che temporali. L’improvviso
corto circuito provocato dall’inondazione dei
centri storici ha messo a nudo l’intrinseca
fragilità dei piani terra delle nostre città,
sollevando i primi dubbi sull’approccio moderno
alla conservazione del patrimonio storico.
Il 1966 coincide anche con l’anno in cui vengono pubblicati l’Architettura della città di Aldo Rossi e Complexity and Contradiction
in Architecture di Robert Venturi. Il rinnovato interesse per la forma della città storica che emerge da questi testi, segna un cambiamento radicale, almeno dal punto di vista teorico, nello sviluppo apparentemente inesorabile del movimento moderno in architettura.
Se per un momento provassimo ad andare oltre l’aspetto catastrofico di questi eventi, ci troveremmo di fronte a un’immagine della forma urbana del tutto inusuale. La sempre più frequente condizione anfibia dei centri storici italiani scandisce e ridefinisce il margine che divide spazio esterno e interno, spazio pubblico e spazio privato. L’acqua agisce come catalizzatore: ci fornisce una diagnosi dettagliata della condizione attuale della città. Se la conta dei danni e i rilievi eseguiti subito dopo l’alluvione
ci forniscono una testimonianza accurata sulla condizione e sull’uso dei piani terra, la sezione orizzontale generata dal livello dell’acqua ridisegna idealmente la forma architettonica della pianta della città. Sezionando idealmente monumenti ed edifici minori, spazi pubblici e spazi dell’intimità, l’acqua della piena abolisce momentaneamente ogni gerarchia, mette in luce inaspettate ricchezze formali e rivela palinsesti che andrebbero completamente riscritti.
︎︎︎ foto 1: Firenze
︎︎︎ foto 2: dettaglio Firenze
︎︎︎ foto 3: dettaglio Venezia
︎︎︎ foto 4: Venezia
Il 1966 coincide anche con l’anno in cui vengono pubblicati l’Architettura della città di Aldo Rossi e Complexity and Contradiction
in Architecture di Robert Venturi. Il rinnovato interesse per la forma della città storica che emerge da questi testi, segna un cambiamento radicale, almeno dal punto di vista teorico, nello sviluppo apparentemente inesorabile del movimento moderno in architettura.
Se per un momento provassimo ad andare oltre l’aspetto catastrofico di questi eventi, ci troveremmo di fronte a un’immagine della forma urbana del tutto inusuale. La sempre più frequente condizione anfibia dei centri storici italiani scandisce e ridefinisce il margine che divide spazio esterno e interno, spazio pubblico e spazio privato. L’acqua agisce come catalizzatore: ci fornisce una diagnosi dettagliata della condizione attuale della città. Se la conta dei danni e i rilievi eseguiti subito dopo l’alluvione
ci forniscono una testimonianza accurata sulla condizione e sull’uso dei piani terra, la sezione orizzontale generata dal livello dell’acqua ridisegna idealmente la forma architettonica della pianta della città. Sezionando idealmente monumenti ed edifici minori, spazi pubblici e spazi dell’intimità, l’acqua della piena abolisce momentaneamente ogni gerarchia, mette in luce inaspettate ricchezze formali e rivela palinsesti che andrebbero completamente riscritti.
︎︎︎ foto 1: Firenze
︎︎︎ foto 2: dettaglio Firenze
︎︎︎ foto 3: dettaglio Venezia
︎︎︎ foto 4: Venezia